top of page

RICERCA NEL SITO

299 elementi trovati per ""

  • Anatocismo illegittimo e prescrizione da dimostrare

    Tribunale di Milano – 11 gennaio 2017 n.247 Sono nulle le clausole anatocistiche contenute nei contratti bancari di conto corrente sottoscritti prima dell’entrata in vigore della delibera C.I.C.R. 9 febbraio 2000, come delle clausole prevedenti interessi ultralegali facenti rinvio ai cosiddetti “uso piazza”. Nel caso la Banca non possa provare di aver adeguato il contratto (con un nuovo contratto o con un contratto di modifica in ogni caso approvato dal cliente) alla delibera citata, cioè nel caso in cui non possa provare che il cliente abbia accettato contrattualmente la capitalizzazione anatocistica degli interessi, la Banca non può applicare interessi anatocistici, che quindi vanno stornati. Nel caso sia provata l’esistenza dell’apertura di credito – deducibile anche dagli estratti conto prodotti in giudizio con riferimento all’applicazione di tassi differenti nella medesima liquidazione – ma non provato il limite della stessa, tutte le rimesse dovranno ritenersi ripristinatorie e conseguentemente andrà rigettata l’eccezione di prescrizione sollevata dalla Banca. Trib. Milano 11 gennaio 2017 Anatocismo

  • [ATUB] Annullate cartelle Equitalia per 52.000 euro

    Annullate cartelle Equitalia ed avvisi di pagamento irregolari per 52.000 ad un associato ATUB. Nel caso specifico il nostro associato riceve una Intimazione di Pagamento con un debito complessivo suddiviso tra un numero elevato di cartelle ed avvisi di pagamento, per la maggior parte rappresentati da debiti INPS relativi a vecchie posizioni da lavoratore autonomo. Il nostro assistito ci porta a controllare la regolarità delle cartelle Equitalia collegate all’avviso di pagamento e ci accorgiamo, dopo attenta ricerca sulla posizione contributiva del cliente, che quei debiti INPS erano annullabili in quanto un doppione di pagamenti di contributi che il nostro assistito già aveva versato come lavoratore dipendente negli stessi anni.  Procediamo con la richiesta all’INPS competente di annullamento ottenendo esito positivo e liberando il nostro assistito dal peso di quel debito, evitando peraltro conseguenze peggiori (fermo amministrativo e procedure di recupero forzoso del credito).

  • Anatocismo e Commissioni di Massimo Scoperto illegittimi

    Tribunale di Torino – 30 novembre 2016 n.5795 La banca viene condannata a rimborsare gli interessi anatocistici e le commissioni di massimo scoperto applicate negli anni al correntista. Il saldo del conto corrente infatti, al netto delle anomalie riscontrate, relative appunto ad interessi anatocistici e commissioni illegittime, è risultato non a debito ma a credito del correntista per oltre 124.000 euro. Il Giudice nel caso specifico ha ritenuto illegittimi gli interessi anatocistici perché non legittimati da nessuna clausola di reciprocità presente nel contratto di apertura conto corrente. Allo stesso modo ha ritenuto illegittima l’applicazione della commissione di massimo scoperto in quanto introdotta dalla banca senza che la stessa fosse stata mai pattuita tra le parti. Il Giudice si sofferma anche su un criterio specifico di calcolo per rilevare l’usura bancaria nel rapporto di conto corrente affidato. Sostiene infatti che nell’applicare la formula di calcolo del TEG occorra considerare i numeri debitori al netto dell’effetto anatocistico, ossia prima i numeri debitori vanno depurati dall’effetto gonfiante dell’anatocismo, poi va calcolata l’usura. Infine condanna la banca alle spese legali di soccombenza maggiorate dell’effetto lite temeraria non avendo quest’ultima aderito ad una conciliazione anche dopo gli esiti della CTU. trib-torino-30-novembre-2016-anatocismo-cms

  • Prescrizione breve delle cartelle Equitalia per debiti INPS

    Corte di Cassazione sezioni Unite – 17 novembre 2016 Le cartelle Equitalia che riscuotono debiti INPS si prescrivono in cinque anni, ossia sono soggette alla prescrizione breve e non ordinaria. In sostanza i debiti INPS, come del resto quelli relativi alle entrate dello Stato, tributarie o extratributarie, nonché i debiti verso Regioni, Provincie e Comuni, e tutti gli altri Enti Locali si prescrivono in cinque anni. La suprema Corte sancisce quindi l’applicabilità dell’articolo 2953 c.c. soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo (sentenza di un Tribunale) e dunque mai per la cartella di pagamento che, avendo natura di atto amministrativo, è priva di attitudine ad acquistare efficacia di giudicato.  Il principio, concludono i giudici, è valido anche quando si discuta su  avvisi di addebito INPS e di avvisi di accertamento esecutivi. Quindi il termine di prescrizione di dieci anni è valido nel caso in cui il debito derivi da sentenza passata in giudicato.

  • Anatocismo e Commissioni di Massimo Scoperto illegittimi

    Tribunale di Genova – 03 dicembre 2016 n.3668 Il Giudice condanna la banca al rimborso di oltre 45.000 euro per illegittima capitalizzazione degli interessi anatocistici e per indeterminatezza della Commissione di Massimo Scoperto. Il Giudice del caso specifico si pronuncia su alcuni argomenti cardine inerenti le controversie bancarie quali l’anatocismo, ossia la capitalizzazione di interessi maturati non solo sul capitale prestato ma anche su interessi già maturati, anche dopo la delibera CICR del 09/02/2000, la legittimità della Commissione di Massimo Scoperto e le modalità di prescrizione delle rimesse solutorie e ripristinatorie. Per quanto riguarda l’anatocismo il giudicante si allinea alla giurisprudenza maggioritaria in argomento ritenendo l’applicazione degli interessi anatocistici illegittimi anche dopo la delibera CICR citata, in mancanza di regolare accettazione scritta del cliente. Infatti per i contratti in corso dopo tale data ma nati prima del 2000 è previsto che l’adeguamento (cioè l’applicazione di anatocismo prima assolutamente vietato) sia esplicitamente approvato dalla clientela nel caso in cui le nuove condizioni contrattuali comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate.  L’applicazione quindi di anatocismo, prima vietato, è sicuramente una condizione peggiorativa, da accettare quindi attraverso nuova regolare pattuizione contrattuale. Per quanto riguarda la Commissione di Massimo Scoperto il giudicante ritiene illegittima la sua applicazione, in linea con la giurisprudenza di merito e con la giurisprudenza di Cassazione, nel caso in cui non sia pattuita per iscritto oppure, come nel caso specifico, quando pattuita ma in forma non determinata e determinabile. La mera indicazione della percentuale di CMS infatti non è sufficiente a legittimarla. trib-genova-03-dicembre-2016-anatocismo-cms

  • Commissione per estinzione anticipata e interessi di mora nel TEG per verificare l’usurarietà

    Tribunale di Bari – 18 ottobre 2016 n.7691 La verifica della usurarietà di un contratto di finanziamento (nel caso in esame un mutuo ipotecario già in contenzioso) va condotta osservando il principio di omnicomprensività, sicché vanno inclusi nel TEG anche gli interessi di mora e la penale per l’anticipata estinzione, ancorché si tratti di costi solo eventuali. A favore di tale conclusione depone non solo il dato letterale dell’art. 644 c.p., ma anche la considerazione che, dal punto di vista funzionale, il fatto che il c.d. tasso – soglia sia fissato in una misura sensibilmente superiore a quella del TEGM (il 50% in più secondo, la previsione originaria; il 25% in più con un ulteriore margine aggiuntivo di 4 punti percentuali, secondo la previsione attuale) serve proprio a tener conto di variabili inerenti al singolo rapporto, variabili tra le quali ben potrebbe rientrare anche l’inadempimento e la connessa applicazione degli interessi moratori convenzionalmente pattuiti. Va perciò confermato l’orientamento costante espresso sul punto dalla Suprema Corte (Cass. n. 5286/2000; Cass. n. 14899/2000; Cass. n. 5324/2003) nonché dalla Corte Costituzionale, secondo cui è “plausibile l’assunto” che gli interessi di mora siano assoggettati alla normativa antiusura (Sent. n. 29/2002). E’ inefficace la clausola di salvaguardia che si limiti a ricondurre al tasso soglia i costi contrattuali riferiti agli interessi corrispettivi ovvero di mora, senza alcun riferimento ai costi ulteriori. Dal superamento del tasso-soglia discendono, ai sensi dell’art. 1815, II comma, c.c., gli effetti della nullità e della gratuità del contratto, quest’ultima da intendersi quale sanzione civile aggravata rispetto alla precedente formulazione dell’art. 1815 c.c. secondo cui, nel caso fossero stati convenuti costi usurari, gli interessi sarebbero stati dovuti nella misura del tasso legale. trib-bari-18-ottobre-2016-c-e-a-e-mora-nel-teg

  • Rimborso spese non godute per estinzione anticipata del finanziamento

    ABF (Arbitro Bancario Finanziario) Collegio di Roma – 12 maggio 2016 Anche L’Arbitro chiarisce che i costi sostenuti dal consumatore per pagare spese collegate al finanziamento (spese assicurative, commissioni finanziarie, spese di gestione, ecc.) vanno restituiti nella proporzione non goduta, nel caso in cui il consumatore estingua il finanziamento anticipatamente. Se il contratto contiene clausole che negano tale possibilità, tali clausole sono nulle in quanto vessatorie. L’elemento di importante novità si evince dal principio che supera la distinzione tra spese facenti capo alla formazione del contratto (e quindi non rimborsabili) e spese che maturino nell’intero arco di vita del contratto (e quindi rimborsabili). L’Arbitro sancisce che tale distinzione continua ad avere senso solo se la banca predispone un contratto dal quale emergano chiaramente quali spese siano collegabili alla formazioni del contratto e quali maturino lungo tutta la durata del contratto. In caso di indicazioni nebulose le spese sono tutte rimborsabili, come già detto in proporzione al numero di rate non godute. abf-roma-12-maggio-2016-rimborso-costi-estinz-antic

  • Le cartelle Equitalia scadono dopo 1 anno

    Non tutti sanno che la cartella di pagamento di Equitalia può “durare” massimo un anno: la sua validità ha, cioè, un termine di “scadenza” oltre il quale non è più possibile procedere a pignoramento nei confronti del debitore. Una previsione questa che si aggiunge a quella sulla prescrizione dei tributi e delle sanzioni; pertanto le due discipline non si sovrappongono, ma anzi coesistono, potendo fornire al contribuente, in determinati casi, una doppia ancora di salvezza. Ma procediamo con ordine. La legge impone ad Equitalia di iniziare l’esecuzione forzata (con la notifica dell’atto di pignoramento) non prima che siano decorsi 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento, ma non oltre il termine di un anno dalla medesima notifica. Se Equitalia rimane inerte e non consegna al debitore l’atto di pignoramento entro un anno dal ricevimento della cartella esattoriale, deve obbligatoriamente rinnovare l’invito a pagare le somme non riscosse con un ulteriore atto: non dovrà farlo con la notifica di una seconda cartella, bensì con un atto che viene chiamato intimazione di pagamento (anche detta intimazione ad adempiere). Tale atto è una sorta di diffida, con cui si sollecita il moroso a corrispondere gli importi dovuti entro cinque giorni. Se, quindi, decorso un anno dalla notifica della cartella di pagamento, Equitalia non invia l’intimazione ad adempiere, non può neanche avviare il pignoramento; se lo fa ugualmente, esso è nullo. L’intimazione di pagamento perde efficacia decorsi 180 giorni dalla data della sua notifica. Equitalia, però, è libera di notificare una seconda intimazione ad adempiere che avrà anch’essa validità per altri 180 giorni, e così via almeno finché non si sarà prescritto completamente il credito. L’intimazione è nulla se non preceduta dalla notifica della cartella di pagamento o dell’accertamento esecutivo. Quando arriva il pignoramento? Quanto appena detto consente al contribuente, che abbia ricevuto dal postino (o dal messo notificatore) la cartella esattoriale, di sapere, con un margine di maggiore certezza, entro quanto tempo massimo attendersi l’arrivo dell’ufficiale giudiziario o la notifica del pignoramento: detto pignoramento non può intervenire prima di 60 giorni dal ricevimento della cartella e non oltre un anno. Se dopo l’anno viene notificata l’intimazione di pagamento, il pignoramento non può intervenire prima di 5 giorni dalla stessa e non oltre 180 giorni. Con la notifica dell’intimazione ad adempiere, dunque, Equitalia si “rimette in carreggiata” e può avviare nuovamente il pignoramento, sempre però che, nel frattempo, non siano scaduti i termini di prescrizione: una volta, infatti, verificatasi la prescrizione, l’Esattore non può più “rimettersi nei termini” rinotificando un nuovo atto; pertanto il pignoramento sarà sempre impossibile e nullo. Come noto, i termini di prescrizione sono diversi a seconda del tributo o delle sanzioni richiese. L’intimazione di pagamento Secondo una giurisprudenza, l’atto di intimazione dovrebbe contenere l’indicazione del responsabile del procedimento ed in difetto sarebbe nullo. La forma dell’intimazione ad adempiere è standard ed è fissata con decreto ministeriale. La notifica dell’intimazione di pagamento avviene con le stesse forme della cartella di pagamento (e, quindi, con raccomandata a.r. postale o con notifica a mani del debitore). La notifica dell’intimazione di pagamento (o ad adempiere) interrompe il termine di prescrizione del credito. Si ritiene che l’intimazione di pagamento sia impugnabile in commissione tributaria (quando il relativo credito ha natura tributaria) per vizi propri. Prima di avviare fermo o ipoteca non c’è bisogno dell’intimazione di pagamento anche se è decorso più di un anno dalla notifica della cartella esattoriale. Debiti minori Se il debito da riscuotere è inferiore a 1.000 euro, Equitalia prima di iniziare l’esecuzione deve inviare al debitore, con posta ordinaria, una comunicazione contenente il dettaglio delle iscrizioni a ruolo; deve poi attendere il decorso del termine di 120 giorni per iniziare l’esecuzione. Prescrizione Come detto già Equitalia deve iniziare il pignoramento entro il termine di prescrizione del credito. I crediti tributari si prescrivono in termini diversi in base alla natura del tributo ed all’atto con il quale sono liquidati. I tributi erariali (es. IRPEF, IVA, IRES, Registro, ipocatastali) oggetto di cartella di pagamento si prescrivono nel termine di 10 anni decorrente dalla scadenza del termine per il pagamento (60 giorni dalla notifica) o, se la cartella è impugnata, dal passaggio in giudicato della sentenza. Di recente la Cassazione ha abbracciato un’interpretazione differente per la prescrizione dell’Irpef, ritenendo che si verificherebbe in 5 anni. Le sanzioni e le multe si prescrivono invece in 5 anni decorrenti dallo stesso momento. I tributi locali periodici (TARSU, TOSAP e si ritiene anche ICI e IMU) si prescrivono nel termine di 5 anni. Il bollo auto si prescrive in tre anni che decorrono dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello in cui è dovuto il pagamento. In tutti questi casi, se il contribuente impugna la cartella e perde la causa, la prescrizione diventa di 10 anni (in tal caso, infatti, il titolo non è più la cartella ma la sentenza la cui prescrizione è appunto decennale). Equitalia può interrompere il decorso del termine di prescrizione notificando uno dei tre seguenti atti: una nuova cartella di pagamento l’intimazione al pagamento l’atto di pignoramento.

  • Le cartelle Equitalia si rottamano in 5 rate

    La novità più rilevante introdotta dal decreto fiscale è quella della rottamazione delle cartelle, che permette ai contribuenti di “chiudere la partita” con l’agente della riscossione pagando solo le somme iscritte a ruolo a titolo di capitale, di interessi legali e di remunerazione del servizio di riscossione. Chi aderisce alla definizione agevolata non dovrà quindi pagare le sanzioni, gli interessi di mora e le sanzioni e somme aggiuntive gravanti su crediti previdenziali. Ecco, in sintesi, come funziona la procedura. L’istanza Per aderire bisogna presentare la domanda entro il 31 marzo 2017. Nel modulo vanno indicate le cartelle per le quali si chiede la rottamazione. Il modello, scaricabile dal sito di Equitalia o rintracciabile presso gli sportelli, va trasmesso alla casella e-mail / Pec della Direzione regionale di riferimento. L’importo Al momento della presentazione della domanda il contribuente potrà solo avere un’idea del conto da pagare, autocalcolando le somme dovute. Ma sarà l’agente della riscossione a certificare l’importo complessivo da versare per la “sanatoria”. E lo farà attraverso una comunicazione che sarà inviata al contribuente entro il 31 maggio 2017. Le rate L’importo calcolato dall’agente della riscossione dovrà essere pagato in massimo cinque rate: tre da saldare nel 2017 e due nel 2018. Per il 2017 la scadenza delle rate è fissata nei mesi di luglio, settembre e novembre e per il 2018 nei mesi di aprile e settembre. I carichi Possono essere rottamati tutti i carichi affidati a Equitalia entro la fine di quest’anno. In caso di esistenza di partite per le quali non è stata ancora notificata la cartella di pagamento ovvero trasmessa la raccomandata informativa che segue gli accertamenti esecutivi ovvero ancora notificato l’avviso di addebito Equitalia invierà avviso inviato per posta ordinaria avverte l’interessato dell’esistenza di partite. La perdita del beneficio Si decade dalla rottamazione se non si versa una qualsiasi delle rate, anche per un solo giorno di ritardo, o se il pagamento è insufficiente. Non si applica l’istituto del lieve inadempimento che tollera ritardi non superiori a sette giorni e omissioni non superiori al 3% del valore della rata.

  • Manipolazione dell’Euribor nulli gli interessi sui mutui a tasso variabile dal 2005 al 2008

    La sentenza pubblicata (con ritardo) dalla Unione Europea con esito la sanzione miliardaria a carico del gruppo di banche in causa, rende nulli i contratti di mutuo a tasso variabile basati sull’Euribor stipulati tra il 2005 ed il 2008. Si apre così la possibilità di ottenere il risarcimento a utenti truffati di mutui, prestiti derivati. La sanzione di 1,7 mld di euro inflitta dalla Commissione Europea al cartello bancario che ha manipolato l’Euribor,  ha un effetto diretto nei confronti delle banche multate, ma indiretto sulla legittimità del tasso Euribor che risulta indelebilmente marchiato e del tutto inattendibile, offrendo così il diritto ai cittadini europei che si trovano a stipulare contratti con riferimento un indice illecito, l’Euribor, formatosi in aperta violazione delle norme di ordine pubblico ed economico dunque a stipulare contratti invalidi, dalla palese nullità. La pubblicazione della sentenza, seppur con un grave ritardo di 2 anni, offre il diritto al risarcimento alle famiglie italiane che tra il 2005 ed il 2008, gli anni incriminati dalla manipolazione dell’Euribor, avevano contratto mutui a tasso variabile per circa 230 miliardi di euro, i cui interessi legati al tasso Euribor erano superiori a 30 miliardi di euro. Tali contratti appaiono irrimediabilmente nulli per indeterminatezza relativa al tasso corrispettivo manipolato (applicazione art. 1284 c.c.) e per contrarietà dell’oggetto del contratto all’ordine pubblico ed economico (applicazione combinato disposto artt. 1418 2° comma e 1346 c.c.) ed alla banca va restituita la sola sorte capitale, al netto di ogni spesa e competenza, dilazionata secondo il piano di ammortamento allegato ai contratti. Ma non basta. Il mutuo si fonda su un tasso di riferimento (Euribor) stabilito da un soggetto collegato al ceto bancario e, dunque, ad una delle parti del contratto con conseguente nullità del negozio derivante dalla violazione dell’art.  2, lettera a), e dell’art. 3 della Legge n. 287 del 10/10/1990 – “Norme per la tutela della concorrenza e del marcato – ANTITRUST” – stabilisce all’art. 2 (Intese restrittive della libertà di concorrenza). Ad ottobre 2012, dopo la scandalo del Regno Unito sulla manipolazione del ‘Libor’, il tasso di riferimento dei finanziamenti interbancari britannici, la  commissione europea inizia ad indagare sulla manipolazione dell’Euribor, l’analogo tasso europeo che determina gli interessi da pagare su mutui e derivati, arrivando il 4 dicembre 2013, nella Decisione del caso AT 39914, a sanzionare i colossi bancari Barclays, Deutsche Bank, Royal Bank of Scotland,Société Générale con una multa da 1,7 mld di euro, per aver partecipato a “cartelli illegali” per la manipolazione del tasso Euribor.

  • Mutui, attenzione ai tassi negativi non rimborsati

    Alcune banche ancora in questi giorni non riconoscono nel conteggio degli interessi sulle rate dei mutui i tassi Euribor negativi, ad esempio l’Euribor 1 mese. Infatti li calcolano come fossero zero, applicando illegittimamente una clausola “floor” che ferma a zero l’oscillazione al ribasso del parametro che varia nel contratto (appunto l’Euribor). Il risultato per il cliente della banca è quello di vedersi calcolata la rata ad un importo più alto del dovuto. Il motivo di tutto ciò è riconducibile nella maggior parte dei casi al fatto che fino a pochi mesi fa, fino a poco più di un anno fa, non era prevedibile una discesa dell’Euribor fin sotto zero, evento invece poi verificatosi. La Banca d’Italia in tal senso ha richiamato le banche ad un comportamento contrattualmente virtuoso, ossia a calcolare correttamente gli interessi in rata, applicando Euribor negativo laddove previsto contrattualmente. Ora è importante far sempre controllare il proprio contratto, o comunque controllare sempre gli importi delle rate, ovviamente per i mutui a tasso variabile. Infatti nel caso in cui la banca non abbia applicato un Euribor negativo, nel caso in cui il parametro lo prevedesse, occorre che la stessa rimborsi la quota non dovuta dal cliente. Fare attenzione è fondamentale perché si sono verificati casi in cui ciò non è avvenuto e casi in cui la banca ha, arbitrariamente, considerato tali differenze a favore del cliente come piccole estinzioni anticipate parziali, non concordate con il cliente.

  • Interessi usurari con la CMS

    Tribunale di Pistoia – sentenza n.921 del 20 ottobre 2016 Il Giudice nel caso specifico accoglie l’eccezione di nullità parziale ex art. 1815, co.2, c.c. del contratto di conto corrente per usurarietà dei tassi praticati acclarata, previa inclusione nel calcolo del T.E.G. delle commissioni di massimo scoperto, quando queste costituiscono un accessorio che si aggiunge agli interessi passivi. Non v’è viceversa ragione sistematica per riservare alle CMS un trattamento diverso da quello spettante agli interessi passivi quanto al vaglio di usurarietà, laddove le stesse figurino in concreto applicate sull’importo massimo dell’esposizione di conto evidenziata nel trimestre, sia pure contenuta nei limiti del fido accordato, ovvero sull’esposizione eccedente l’ammontare dell’affidamento accordato o anche sulla massima esposizione di un conto non assistito da alcun affidamento (cd. conto scoperto). Tanto l’inciso finale “sotto qualsiasi forma”, contenuto nel primo comma dell’art. 644 c.p., quanto l’inciso “a qualunque titolo” contenuto nell’art. 1, primo comma del D.L. 394/2000, convertito con la legge n.24/2001, vale a definitivamente chiarire che la ratio legis della disciplina vigente in materia di usura è proprio quella di considerare usurari anche gli interessi corrispettivi dissimulati ovvero convenuti in appositi patti aggiunti, diretti ad aggirare il divieto posto dalla medesima disciplina imperativa; solo nel caso in cui, viceversa, le CMS risultassero convenute ed applicate con la funzione “remunerativa” e dunque, non in aggiunta agli interessi passivi per il correntista pattuiti per l’affidamento, ma al solo fine di compensare la banca della messa a disposizione del fido rimasto inutilizzato e limitatamente al periodo di detta mancata utilizzazione, sarebbe astrattamente legittimo non includere le commissioni nel calcolo del TEG ai fini del vaglio di usurarietà. trib-pistoia-20-ottobre-2016-interessi-usurari-e-cms

bottom of page