La cartella di pagamento deve indicare non solo l’importo complessivo degli interessi dovuti dal contribuente, ma anche il tasso applicato da Equitalia per ogni singolo anno: diversamente è nulla. L’obbligo di indicazione del tasso di interessi applicato è una condizione di trasparenza e garanzia nei confronti del debitore, necessaria al fine di consentire il controllo della validità della cartella esattoriale, del corretto conteggio degli importi dovuti. Non sarebbe, infatti, del tutto impossibile una situazione in cui, per errore umano o del computer, venga applicata una percentuale superiore rispetto a quella prevista per legge o, magari, che si sia in presenza di un fenomeno di anatocismo (il calcolo degli interessi non solo sul capitale, ma anche sugli interessi già maturati e non versati). La pretesa dell’agente di riscossione deve risultare chiara e comprensibile per i cittadini, destinatari degli atti; pertanto la cartella di Equitalia può essere impugnata e annullata se manca l’indicazione del tasso d’interesse per ogni singolo anno di ritardo. Non solo. La cartella – sempre a pena di nullità – deve anche indicare la percentuale relativa agli oneri di riscossione (quelli che prima si chiamavano “aggio”). La cartella esattoriale non può limitarsi a indicare la somma complessiva da versare, distinguendola tra capitale, interessi e sanzioni. Violerebbe infatti l’obbligo di una compiuta motivazione una intimazione di pagamento senza un dettaglio specifico. Stesso discorso vale per il compenso di riscossione, la cui determinazione deve essere suscettibile di controllo da parte del contribuente: sarebbe pertanto invalida la cartella di Equitalia priva di ogni riferimento normativo e dell’indicazione della percentuale.
Atub Associazione Consumatori
Comments